FEUERBACH

FEUERBACH

Ludwig Andreas Feuerbach è stato un filosofo tedesco tra i più influenti critici della religione

ed esponente della sinistra hegeliana.


Nei "Pensieri sulla morte e l'immortalità", egli afferma con forza la connessione tra l'individualità e la sensibilità, propria di un corpo legato allo spazio e al tempo, e su questa base giunge a negare "l'immortalità" individuale.


Per la critica della filosofia hegeliana

“Per la critica della filosofia hegeliana”, in questo scritto egli afferma che non è possibile considerare come assoluto un singolo sistema, neppure quello hegeliano, anche riconoscendo la sua logica, universalità e ricchezza. Se questo avvenisse significherebbe arrestare il tempo e portare gli uomini a rinunciare alla libera ricerca. A questa conclusione Feuerbach ci arriva partendo dal presupposto hegeliano che ogni filosofia è il proprio tempo espresso in concetti, ma applicandolo alla stessa filosofia hegeliana. Se il tempo non si arresta anche la filosofia hegeliana non può che essere una filosofia particolare e determinata: anch'essa infatti non rappresenta un inizio assoluto privo di presupposti, ma è sorta in un'epoca determinata e, in quanto ne è l'espressione, anch'essa parte da presupposti legati a tale epoca.

L'epoca futura non potrà non rendersi conto di questo fatto, cosicché anche la filosofia hegeliana apparirà allora una filosofia del passato. In qualche modo l'unica filosofia che inizia senza presupposti è quella che pone totale libertà di pensiero e che è capace di mettere in dubbio anche se stessa. La filosofia, in quanto libertà che vuole costruirsi da sé e non soltanto come erede della tradizione, deve dunque procedere oltre Hegel, che non critica mai la realtà di fatto, ma si preoccupa soltanto di comprenderla nella sua razionalità e quindi giustificarla.


Essenza del cristianesimo

Con L’essenza del cristianesimo, viene posta la distinzione fondamentale tra l’essenza vera e quella falsa della religione. L'oggetto religioso, a differenza di un oggetto naturale, non esiste al di fuori dell’uomo, per cui la coscienza e la conoscenza di Dio sono una forma indiretta di autocoscienza dell’uomo. Nella religione cristiana, in particolare, l’uomo si rapporta unicamente a se stesso e alla propria essenza, che diventa altra, viene adorata come fosse distinta, separata, attualmente il frutto di una proiezione, e infine riaccolta sotto forma di predicati e attributi di Dio. Questi rimangono tuttavia determinazioni umane, antropomorfismi, a cui l’intelletto toglie limitazioni, finitezza, ovvero quella realtà umana che ne caratterizza il soggetto.

Il cristianesimo è dunque la religione dell’uomo soggettivizzato, alienato dalla natura e che per questo ha necessità di credere nel miracolo, nella resurrezione, nell'aldilà, nella nascita sovrannaturale e in Dio fattosi uomo, al fine di rimuovere gli ostacoli all'esaudimento dei desideri del cuore.


Essenza della religione

L'uomo, all'interno della sfera religiosa, si rapporta sempre e unicamente a se stesso e ai propri desideri. L'immagine di Dio riflette quella dell'uomo, e il modo in cui avviene tale specchiamento dipende strettamente dai sentimenti che l'uomo prova. Il senso innato di dipendenza nei confronti della natura è presupposto necessario e oggetto originario della religione; produce la credenza nella divinità delle cose e della natura, rendendole coincidenti o propizie rispetto agli scopi umani. Una volta che, tuttavia, l'uomo si pone al di sopra della natura e si fa reggitore di essa superando quel senso di dipendenza grazie ai benefici del progresso e dell'unione in comunità, il suo dio diviene invisibile e soprannaturale. La natura non gli appare più, di conseguenza, come divina e animata, bensì è l'essenza umana ad essere elevata, perciò divinizzata e venerata, in quanto appare come soprannaturale.

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