SCHOPENHAUER

SCHOPENHAUER

Arthur Schopenhauer è stato un filosofo tedesco, cittadino espatriato del regno di Prussia. 

È considerato uno dei maggiori pensatori del XIX secolo e dell'epoca moderna.


Il suo pensiero recupera alcuni elementi dell'illuminismo, della filosofia di Platone, del romanticismo e del kantismo, fondendoli con la suggestione esercitata dalle dottrine orientali, specialmente quella buddhista e induista.

La filosofia di Schopenhauer è molto articolata. Nella sua opera giovanile, Il mondo come volontà e rappresentazione, che contiene già gran parte del suo pensiero, poi riedita con aggiunte, Schopenhauer sostiene che il mondo è fondamentalmente ciò che ciascuna persona vede tramite la sua volontà, nella quale consiste il principio assoluto della realtà, nascosto alla ragione. La sua analisi pessimistica lo porta alla conclusione che i desideri emotivi, fisici e sessuali, che presto perdono ogni piacere dopo essere stati assecondati, e infine divengono insufficienti per una piena felicità, non potranno mai essere pienamente soddisfatti e quindi andrebbero limitati, se si vuole vivere sereni. La condizione umana è completamente insoddisfacente, in ultima analisi, e quindi estremamente dolorosa.


Schopenhauer e l'amore

Per il filosofo tedesco l'amore, che ha la sua radice solo nell'istinto sessuale, è un inganno della natura, il cui unico scopo è la conservazione della specie (caso-limite per Schopenhauer è la mantide femmina, che divora il maschio dopo l'accoppiamento). La stessa attrazione tra due innamorati è già la volontà di vivere del nuovo individuo: il matrimonio dunque è sempre infelice perché si preoccupa della generazione futura e non di quella presente.

La fedeltà coniugale, invece, è naturale nella donna e artificiale nell'uomo, questo perché la natura mira a moltiplicare la specie il più possibile. L'uomo, infatti, potrebbe generare anche cento figli l'anno, se avesse altrettante donne; mentre la donna, anche con altrettanti uomini, potrebbe mettere al mondo solo un figlio l'anno ed è quindi spinta a rimanere con colui che nutrirà e proteggerà la prole. Di conseguenza l'adulterio femminile è molto più imperdonabile di quello maschile sia soggettivamente, per la sua innaturalezza, che oggettivamente perché mette in dubbio la legittimità della prole.

Schopenhauer, inoltre, contrappone il "matrimonio d'amore" a quello "fatto per convenienza", ritenendo quest'ultimo "contronatura" ma certamente più vantaggioso per l'individuo, a differenza del primo che, invece, risulta nell'esclusivo interesse della specie.


Il mondo come rappresentazione

La rappresentazione ha due aspetti essenziali: il soggetto rappresentante e l'oggettorappresentato. Entrambi esistono soltanto all'interno della rappresentazione, come due lati o parti di essa, tanto che non può esistere soggetto senza oggetto. L'oggetto esiste perché vi è un soggetto che lo prende in considerazione nella rappresentazione e così il soggetto prende coscienza di sé proprio tramite il suo rapportarsi con gli oggetti.


Il nuovo significato della rappresentazione

La rappresentazione, infatti, non è più intesa in senso kantiano, come l'oggetto di qualsiasi atto conoscitivo, bensì per Schopenhauer è il risultato del rapporto necessario tra soggetto e oggetto. Rapporto in cui entrambi sono sullo stesso piano. Il soggetto non è prioritario rispetto all'oggetto né l'oggetto è prioritario rispetto al soggetto.

In effetti la realtà del mondo esterno non è stata risolta

  • né dal realismo che presume sia la realtà a produrre nel soggetto la rappresentazione
  • né dall'idealismo che presume sia il soggetto a produrre le rappresentazioni dell'oggetto.

Ambedue le correnti filosofiche hanno errato: la prima attribuendo la relazione causale, che è valida tra gli oggetti rappresentati, a due mondi del tutto diversi tra loro per cui il materialista fa sorgere dalla materia e lo spirito, senza accorgersi di operare impropriamente con il principio di causalità e l'idealista fa sorgere dallo spirito la materia utilizzando la categoria di causalità che serve solo a ordinare i fenomeni.

L'assenza di priorità dell'elemento soggettivo fa sì che le forme a priori non siano più il dato soggettivo che, secondo il pensiero kantiano, va a sommarsi a quello empirico "costituendo" l'oggetto, bensì che tali forme a priori siano già implicite, nella rappresentazione, cioè in quell'atto assolutamente primo in cui concorrono parimenti soggetto e oggetto.

Per Schopenhauer, come per Kant, forme a priori della intuizione sono lo spazio e il tempo, che Schopenhauer considera principi di individuazione della materia; ma a queste egli aggiunge la causalità, la sola delle dodici kantiane forme a priori dell'intelletto da lui preservate. In realtà, si trova in Schopenhauer una posizione molto diversa da quella kantiana sui rapporti tra intuizione e intelletto. La causalità è, secondo Schopenhauer, più una forma percettiva che una forma puramente concettuale. Si potrebbe dire che per Schopenhauer la nostra stessa intelligenza opera percettivamente quando individua relazioni causali.

La causalità è considerata da Schopenhauer la vera e propria essenza della materia, essa è essenzialmente attività. Siccome la materia non è altro che l'agire nello spazio e nel tempo di oggetti su altri oggetti, la materia verrà a coincidere con la causalità.

Per Schopenhauer dunque l'intelletto non è più la facoltà kantiana che opera sulle rappresentazioni immediate per formare i concetti tramite le categorie, ma diviene la facoltà della causalità.


Il mondo come volontà

Se fossimo solo esseri conoscenti, rappresentanti, non potremmo mai scoprire la cosa in sé. Ma noi siamo anche corpo, che per il soggetto conoscente non è soltanto un oggetto come gli altri ma esso è «anche qualcosa di immediatamente conosciuto da ciascuno e che viene designato con il nome di volontà».

La rappresentazione esterna non è solo quella rivolta alle cose esterne ma è anche quella interiore per cui noi cerchiamo di cogliere la coscienza di noi stessi, del nostro io che coincide con la rappresentazione del nostro corpo. Con l'intelletto ciascuno di noi si guarda dal di fuori: non conosce sé stesso se non come una cosa tra le altre cose, come un organismo corporeo tra gli altri corpi.

Ma se ognuno di noi non fosse che un puro soggetto sensoriale, "una testa d'angelo alata senza corpo", non potremo mai uscire dai fenomeni, ma poiché siamo corpo non ci limitiamo a guardarci dal di fuori ma ci sentiamo vivere, sentiamo che il corpo ci appartiene, che è l'oggetto con cui l'io tende a identificarsi e che tutto questo genera dolore.

L'intuizione di Schopenhauer sta nel fatto di considerare l'uomo non solo come soggetto conoscente ma anche come essere dotato di un corpo.
Tale corpo è sì per la nostra percezione, per il senso esterno, un oggetto tra gli oggetti, ma è anche la sede di un senso interno che ci mostra immediatamente la nostra coincidenza con una forza, un impulso, che è la volontà.
Attraverso l'esperienza di sé stessi come corpo l'uomo può giungere al noumeno, alla cosa in sé senza ricorrere alle forme a priori della conoscenza.


La volontà di vivere

Proprio attraverso il corpo scopriamo che la realtà delle cose ci concerne, siamo nel mondo come una sua parte; difatti vogliamo, desideriamo certe cose e certe altre le evitiamo, rifuggiamo il dolore e ricerchiamo il piacere. Proprio questo ci permette di squarciare il velo del fenomeno e cogliere la cosa in sé. Infatti, ripiegandoci in noi stessi, scopriamo che la radice noumenica del nostro io è la volontà: noi siamo volontà di vivere, un impulso irrazionale che ci spinge, malgrado noi stessi, a vivere e ad agire.

La materialità dell'io, la sua attività ci mostra due facce diverse:

  • una esteriore, quella che si offre alla rappresentazione per cui esso appare corpo
  • una interiore per cui esso si svela come tendenza, sforzo, brama di vivere, volontà di vivere, volontà che s'identifica con quella realtà extra fenomenica di cui parlava Kant che però egli raggiungeva attraverso la volontà morale con cui l'io conosceva sé stesso come libertà spirituale.

La musica

Essenza tangibile della volontà di vivere è la musica che attraverso semplici suoni esprime la vera filosofia del mondo:

“La musica oltrepassa le idee, è del tutto indipendente anche dal mondo fenomenico, semplicemente lo ignora, e in un certo modo potrebbe continuare ad esistere anche se il mondo non esistesse più: cosa che non si può dire delle altre arti. La musica è infatti oggettivazione e immagine dell'intera volontà, tanto immediata quanto il mondo, anzi, quanto le idee, la cui pluralità fenomenica costituisce il mondo degli oggetti particolari. La musica, dunque, non è affatto, come le altre arti, l'immagine delle idee, ma è invece immagine della volontà stessa, della quale anche le idee sono oggettività: perciò l'effetto della musica è tanto più potente e penetrante di quello delle altre arti: perché queste esprimono solo l'ombra, mentre essa esprime l'essenza.”

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